Il nuovo codice della crisi di impresa? Una reale opportunità per le PMI

Il nuovo Codice della Crisi di Impresa impone di verificare costantemente lo stato di salute finanziaria dell’impresa e di attuare continue azioni di verifica e di controllo, stabilendo anche puntuali obblighi e responsabilità degli organi che la governano.

La normativa chiede agli imprenditori di adottare nuovi strumenti, perché l’analisi sia puntuale e la prospettica finanziaria il più fedele possibile.

Sarà un limite per le aziende? Al contrario, ogni imprenditore merita di intendere il nuovo Codice della Crisi di Impresa come una reale opportunità per la propria attività e il proprio successo.

In questo articolo esamino i punti essenziali degli obblighi espressi nella normativa, mostrando le principali conseguenze dirette per l’impresa e gli organi di gestione ed indico quali, secondo le mie riflessioni, sono le reali e concrete opportunità che il nuovo codice della crisi di impresa riserva alle PMI.

Ecco gli argomenti affrontati in questo articolo:

La legge (in sintesi)

Il Decreto Legge 14 del 2019 ha introdotto il cosiddetto nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza.

Si tratta dell’integrazione della conosciuta Legge 155 (denominata anche Legge Fallimentare), normativa che non prevedeva al suo interno la possibilità di adottare decreti integrativi e correttivi.

Considerando l’impatto significativo sul sistema imprenditoriale, il legislatore è quindi intervenuto sulla normativa esistente.

Scopriamola in sintesi per comprenderne i punti di maggiore interesse.

Il dovere di monitorare

Secondo il nuovo Codice della Crisi di Impresa, l’imprenditore, l’amministratore e gli organi di controllo e/o di revisione hanno il dovere di monitorare nel tempo la solvibilità della società e l’esistenza dei presupposti di continuità aziendale, per non incorrere in responsabilità di carattere civile e penale.

In questo contesto la solvibilità e la continuità aziendale saranno garantite attraverso flussi di cassa prospettici sufficienti per far fronte, con regolarità, alle obbligazioni pianificate.

In altre parole, chi si occupa di gestire l’azienda deve sapere per tempo se potrà contare su flussi di cassa sufficienti a far fronte a tutti gli impegni presi nei confronti dei fornitori e delle banche, per garantire la stabilità finanziaria.

La legge fa riferimento a tutte le società di persone e di capitali (ad esclusione di società quotate, banche ed assicurazioni).

Il dovere di istituire

Ai sensi dell’art. 2086 c.c., l’imprenditore, sia individuale che collettivo, “ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’azienda, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale….”.

Quale responsabilità per gli imprenditori?

Ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori a loro volta “rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione nell’integrità del patrimonio sociale”.

Gli obblighi degli organi di controllo

Infine, gli organi di controllo e di revisione “ciascuno nell’ambito delle proprie funzioni, hanno l’obbligo di verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente, assumendo le conseguenti idonee iniziative, se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione, nonché di segnalare immediatamente allo stesso organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi”.

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